Continua la tradizione dei tecnici toscani sulla panchina del Napoli. Il presidente della Filmauro Aurelio De Laurentiis ha scelto il dopo Gattuso: a guidare i partenopei sarà Luciano Spalletti, tecnico con esperienza e con una propensione al gioco offensivo che cerca di riaffermarsi ai livelli alti toccati in Russia o in Friuli con l’Udinese. Dopo gli anni magnifici con Sarri e Mazzarri, il Napoli abbraccia un altro toscano con cui sognare in grande.
Nelle carriere degli allenatori il risultato ha un valore maggiore rispetto a quello che ha nelle carriere degli atleti. Questo è vero perché come si dice nel mondo del calcio “si vince in 11, ma si perde in uno”, a dimostrazione di quanto peso e responsabilità abbiano i tecnici sulle proprie spalle. Luciano Spalletti è un allenatore bravo e apprezzato, che non ha conseguito molti risultati in Italia ma che è stato comunque protagonista di belle pagine di calcio sulla nostra penisola. Merito suo è infatti una delle più belle Udinese viste in Serie A, compreso anche il periodo di Zico. Con i friulani, Spalletti riuscì nella stagione 2004-2005 nell’impresa, portando i bianconeri in Champions League per la prima volta nella storia del club dei Pozzo. Era quello in realtà il secondo “ciclo” dell’allenatore toscano a Udine, che vi aveva infatti fatto ritorno dopo una prima, ma anonima, esperienza nel 2001.
In realtà, facendo un passo indietro di 10 anni, mister Spalletti aveva già raggiunto un duplice grande obiettivo con l’Empoli: dal 1995-1996 al 1996-1997 ottenne due promozioni dalla Serie C alla Serie B e successivamente dalla cadetteria alla Serie A, riuscendo infine a completare il progetto salvando i toscani nel massimo campionato con una giornata d’anticipo. Quest’anno proverà a ribaltare i pronostici di esperti, tecnici e quote sulle scommesse che vedono il Napoli nuovamente lontano dalla qualificazione Champions a quota 11,00 al 25 giugno, ma il tecnico toscano ha quasi sempre centrato quest’obiettivo nella propria carriera quando è stato interpellato a farlo.
Luciano Spalletti è un uomo di calcio: nato nel 1959, ha calcato il rettangolo verde come professionista con il ruolo di centrocampista fra Serie C2 e Serie C1 per oltre dieci anni, diventando tecnico nel 1994. Risultati eccellenti ne ha raggiunti, in particolare come tecnico, ma a un certo punto nella sua carriera, in particolare in Italia, la carriera ha raggiunto un plateau che non gli ha permesso di andare oltre le due coppe Italia e la Supercoppa italiana vinte tutte a Roma, sponda giallorossa. Gli anni nella capitale avevano infatti riproposto al calcio italiano uno Spalletti brillante, supportato anche dai goal di Francesco Totti, che sotto la guida del toscano vinse la Scarpa d’oro nel 2006-2007. Ma causa la presenza di un Inter troppo superiore e di alcuni atteggiamenti dell’allenatore di Certaldo giudicati come estremi dalla piazza di Roma, la squadra non andò oltre due secondi posti consecutivi, con le coppe nazionali vinte a rinfrancare gli animi capitolini. L’intuizione di Perrotta come falso nueve e l’eliminazione del Real Madrid con una doppia vittoria agli ottavi di Champions sono fra i ricordi più belli lasciati a Roma dal tecnico.
Dopo l’esperienza capitolina arrivò la decisione di cambiare aria e andare in un campionato dove poter ritrovare stimoli e sfide: allo Zenit di San Pietroburgo Spalletti riuscì a vincere lo scudetto russo nel 2010, bissando l’anno successivo e aggiungendo al proprio palmarès personale anche una Coppa di Russia e una Supercoppa di Russia. Dopo quasi quattro anni e quattro titoli Spalletti, tornò a Roma, per una parentesi meno fruttuosa di quella precedente ad eccezione dell’annata 2016-2017, quando chiuse la stagione al secondo posto grazie al record di reti segnate in Serie A.
Le ultime due stagioni di Luciano Spalletti sono sembrate davvero esperienze passeggere sia per il tecnico che per l’Inter, allenata fra il 2017 e il 2019, e in cui è comunque riuscito a centrare l’obiettivo minimo stagionale della qualificazione alla Champions, raggiunta per due anni consecutivi all’ultima giornata.
Napoli può rappresentare un rilancio per il tecnico, che sa far giocare bene le proprie squadre e troverà sicuramente un clima fertile al Diego Armando Maradona, stadio in grado di diventare un dodicesimo uomo in campo quando serve. Dall’altro lato, l’ambiente, la squadra, la società e tutti i tifosi meritano di emozionarsi nuovamente e di tornare in Champions, le origini toscane di Spalletti, come Mazzarri e Sarri prima di lui, fanno ben sperare il tradizionalmente scaramantico pubblico partenopeo.