Sud. Ancora una volta questa piccola parola scritta sui giornali per parlare di una grande catastrofe, una tragedia, una delle tante carenze, come quella dei trasporti. All’indomani del grave incidente ferroviario avvenuto in Puglia, a fianco al dolore ed allo sconcerto per quanto accaduto, c’è subito la corsa all’individuazione della colpa. Alcuni cercano di individuarla nell’errore umano, nel macchinista piuttosto che nell’addetto alle trasmissioni da una stazione all’altra, altri invece la individuano nell’errore istituzionale, in quelle istituzioni che non provvedono ad un adeguamento delle infrastrutture e dei trasporti, in un Sud sempre più spesso dimenticato.
Più che di errore si dovrebbe in effetti parlare di orrore. Non solo quell’orrore che è inevitabile provare di fronte a delle immagini che hanno raggiunto tutti noi, più vicini e più lontani, restituendoci il dolore della tragedia. Ma anche un altro tipo di orrore, quello morale, quello che da cittadini attivi ed autocritici, dovrebbe portarci non ad inorridire di fronte alle carenze del Sud, ma di fronte alla spesso radicata rassegnazione di quanti al Sud ci vivono, che si trasforma in accettazione di condizioni di per sé inaccettabili di fronte allo sviluppo generale raggiunto, in ogni campo, al giorno d’oggi.
Al Sud ci sono nata e ci vivo ancora e non ho mai sentito una forte indignazione per le carenze dei collegamenti stradali, piuttosto che della loro manutenzione o evoluzione. Ho sempre potuto scorgere una sorta di amarezza nella constatazione dei dati di fatto e poco attivismo. Poca indignazione nei confronti delle amministrazioni che si succedono, indistintamente dal loro colore politico, costruendo opere architettoniche di abbellimento di piccoli comuni, con un tasso di disoccupazione che supera di gran lunga il rendimento che una tale opera potrebbe utopicamente riportare alle casse del comune. Poca pretesa di quegli interventi necessari al fine di garantire la sicurezza, lo sviluppo e l’occupazione di aree spesso completamente isolate. Un popolo, quello del Sud, tanto umile e solidale quanto poco esigente. Che nel bel mezzo di immagini così dolorose e devastanti ha saputo restituire un’immagine di bellezza infinita che restituisce tutta la solidarietà e l’altruismo che caratterizza questa gente, in fila per donare il sangue a quanti sono stati vittime di un orrore che avrebbe potuto colpire anche loro.
Ecco, quando il dolore sarà pianto tutto, quanto le lamiere saranno evacuate, quando quella aperta campagna sarà ripulita dal rosso delle ferite e delle morti e quando qualcuno comincerà a parlare di maggiori interventi al Sud, io, da meridionale costantemente tormentata per la rassegnazione in cui non riesco proprio a riconoscermi, spero che si apra la mente di tutti noi cittadini. Perché affinché, davvero, eventi del genere non possano più accadere, la scintilla più importante da innescare è l’attivismo della cittadinanza, inteso in termini di attenzione e lucida pretesa di partecipazione nell’amministrazione e gestione dei territori, affinché gli interventi non diventino più appannaggio di una politica corretta o sbagliata, ma esigenza e legittima pretesa dall’intera collettività che, sveglia e attenta, vigila sulla propria incolumità. Nel Sud che vorrei chi sono meno binari unici verso la morte e più binari sicuri verso alla vita.