È stato un luglio di super lavoro per i sismografi di tutta Italia, che hanno tremato senza sosta per ben 2.874 volte. Un record per questa prima parte del 2013, con una media di oltre 90 scosse al giorno. Lunigiana, Conero, Appennino tosco-emiliano: queste le aree più sollecitate a causa dello spostamento in atto dell’Appennino centro-settentrionale verso nord-est. Ma il numero di scosse non deve destare allarmismi, rassicurano gli esperti: è frutto di una rete di monitoraggio sempre più capillare sul territorio, che percepisce anche eventi di intensità minima.
Il quadro di questo travagliato mese di luglio emerge dalla rielaborazione dei dati raccolti dalla rete sismica dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv).
Tra le quasi 3.000 scosse che hanno fatto tremare l’Italia, il sussulto più forte è quello che ha colpito la costa marchigiana nei pressi del Monte Conero, tra le province di Ancona e Macerata.
Le ‘danze’ qui sono state aperte dalla scossa di magnitudo 4,9 registrata il 21 luglio alle 3,32 di notte, lo stesso orario del tragico terremoto a L’Aquila del 2009.
Alla prima scossa è seguita una replica di magnitudo 4,0 alle ore 5,07, mentre nei giorni successivi si è registrata una sessantina di eventi di minore intensità. Un’altra sequenza sismica ha interessato l’Appennino centro-settentrionale tra la Toscana e l’Emilia Romagna.
L’evento di magnitudo maggiore (3,9) si è verificato la mattina dell’11 luglio a pochi chilometri da Bagno di Romagna, in provincia di Forlì-Cesena, e poi sono seguite numerose repliche (circa 260) nei giorni successivi fino a fine mese. Altro capitolo quello della sequenza sismica in Lunigiana, iniziata lo scorso 21 giugno. A luglio i terremoti nell’area sono stati circa 750, con magnitudo molto piccole.
Infine il 30 luglio si è verificato un terremoto in Croazia di magnitudo 4.6 che ha fatto sentire la sua eco in alcune zone del Friuli Venezia Giulia. ”Ci troviamo in una fase di attività sismica più intensa della media che è iniziata con il terremoto in Garfagnana lo scorso gennaio”, spiega il sismologo dell’Ingv Gianluca Valensise. In quel mese le scosse furono in totale 1.256, per diventare 938 a febbraio, 1.002 a marzo, 1.797 ad aprile, quasi 1.800 a maggio e 2.659 a giugno.
“I numeri però non ci devono spaventare – rassicura l’esperto – perché sono dovuti al fatto che i sismografi che registrano le scosse sono sempre più diffusi e avvertono anche eventi di entità minima. Se andiamo a osservare la magnitudo e l’energia liberata in queste occasioni, non vediamo un aumento particolarmente significativo”.
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