Gli imprenditori che cercano la ‘ndrangheta per sbaragliare la concorrenza e che finiscono per rimpinguare le già ricche casse delle cosche calabresi.
È la “dirompente anomalia“, come l’hanno definita gli investigatori, portata alla luce dall’inchiesta condotta dalla Dia di Catanzaro e coordinata dalla Dda, che ieri si è concretizzata nell’arresto di quattro imprenditori accusati di essere legati alla cosca Giampà di Lamezia Terme e nel sequestro di beni per 25 milioni di euro.
In particolare, i quattro imprenditori, Davide Orlando, di di 31 anni, Roberto Piacente (43), Francesco Cianflone (58) e Antonio Gallo (40), operanti nel settore del calcestruzzo, sono accusati di avere stretto un vero e proprio accordo con la famiglia dei Giampà. L’inchiesta si è avvalsa delle dichiarazioni rese da noti collaboratori di giustizia del lametino, tra i quali Giuseppe Giampà, figlio di
Francesco detto “il professore” e considerato il boss della cosca. I Giampà, secondo l’accusa, grazie anche al ricorso ad imprenditori compiacenti, sono riusciti a penetrare il tessuto economico estromettendo dal mercato tutte le realtà imprenditoriali sane.
Al riguardo, il gip di Catanzaro, nell’ordinanza, ha scritto che “le indagini hanno consentito di acquisire elementi granitici che comprovano, in modo certo, come gli odierni prevenuti, mettendo le proprie aziende e imprese a totale disposizione della cosca dei Giampà, che da anni domina il territorio lametino e stringendo con la medesima gli illeciti patti sopra ricostruiti, abbiano fornito uno stabile e reiterato contributo al conseguimento delle illecite finalità perseguite dal clan, permettendogli di rafforzare e consolidare sempre di più il suo potere economico”.
“Le modalità dei fatti, essendo di chiaro stampo mafioso – ha aggiunto il giudice – sono dunque chiaramente indicative della pericolosità e della personalità delinquenziale degli indagati atteso che gli stessi, pur essendo a perfetta conoscenza dei metodi cruenti attraverso i quali l’organizzazione opera e impone il proprio volere, non hanno esitato a stringere con la stessa uno stabile e scellerato accordo criminoso, così dimostrando di sposare in toto, di condividere intimamente quelle criminose metodologie di azione, fondate sulla coercizione e sulla vessazione”.