L’ordine era di velocizzare la produzione di wurstel, salami e salsiccia cotta.
E per farlo bisognava seguire solo una strada, la più economica e rischiosa: rimuovere da alcuni macchinari i dispositivi di sicurezza che, se azionati, avrebbero evitato incidenti sul lavoro.
Decisione questa che l’amministratore della ‘Scarlino’, Attilio Scarlino, ora agli arresti, ha preso – secondo l’accusa – provocando di fatto la morte dell’operaio Mario Orlando, di 53 anni, scivolato e pressato dall’impastatrice che stava pulendo il 30 agosto scorso. Secondo le indagini, se dall’impastatrice non fosse stato rimosso il cancelletto di accesso, quest’ultimo, una volta aperto, avrebbe bloccato il macchinario e salvato il lavoratore, sposato e padre di due ragazzi.
Attilio Scarlino è agli arresti domiciliari con le accuse di rimozione dolosa di misure di sicurezza sul lavoro e di morte come conseguenza di altro reato. Altre tre persone sono indagate a piede libero. Per il ‘re del wurstel’ made in Puglia la procura aveva chiesto la detenzione in carcere ma il gip ha disposto la misura più soft dei domiciliari. Secondo le indagini della polizia, dunque, la morte di Orlando non può essere considerata un infortunio accidentale sul lavoro ma una morte legata proprio alla rimozione dolosa del cancelletto (che permetteva l’accesso al macchinario) la cui apertura avrebbe bloccato sicuramente il funzionamento dell’impastatrice.
Rimuovendo la misura di sicurezza, quindi, la macchina non ha rilevato la presenza dell’operaio e del fattore di rischio. Per il procuratore di Lecce, Cataldo Motta, la decisione presa dal vertice aziendale è un ”comportamento di una gravità assurda”.
Inoltre, nonostante tutta l’azienda, dopo l’incidente mortale, fosse sotto sequestro qualcuno – secondo la pubblica accusa – ha violato i sigilli per rimontare il dispositivo di sicurezza su un’insaccatrice che bloccava il funzionamento della macchina in caso di presenza di un’operatore. ”Non abbiamo elementi per dire – ha rilevato Motta – che sia stato lui (Attilio Scarlino, ndr) a disporre la manomissione ma è chiaro che solo lui poteva avere l’interesse a velocizzare il ciclo produttivo” dello stabilimento di Taurisano. Il procuratore ha parlato anche di ”una serie di condotte condite da omertà e reticenze da parte degli stessi operai molti dei quali, interrogati, hanno fornito versioni contrastanti” sui fatti.
”Adesso – ha aggiunto Motta ironicamente – mi aspetto che si sollevino una serie di iniziative e di proteste da parte degli operai per ritornare nel posto di lavoro” però ”gli operai devono capire che quello che è importante prima del lavoro è la sicurezza sul posto del lavoro. Al nord c’è una coscienza antinfortunistica diversa dal Sud dove questa cultura non c’è e, quando si accetta il lavoro, lo si fa a qualsiasi rischio e per qualsiasi retribuzione. Forse i lavoratori devono acquisire coscienza di questo”.
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