L‘estate sta volgendo al termine e i vacanzieri fanno rientro e con loro anche gli estensori delle lettere di minacce al PM palermitano Nino Di Matteo.
Tra poco inizieranno a riscrivere testi minacciosi ideati magari sotto un ombrellone per ripararsi della calura estiva. Insomma, riprenderanno “servizio”.
Infatti, quotidianamente cercavo tra le notizie di cronaca, se vi fosse quella del rinvenimento dell’esplosivo “giunto a Palermo”.
Ogni tanto telefonavo a un mio amico di Ficarazzi (luogo indicato nelle lettere anonime quale stoccaggio dell’esplosivo) se avesse visto “rivugghiu” in zona. Nulla di nulla e dunque aspettiamo di ritrovarlo.
A questo punto, giova osservare che ogni azione di Cosa nostra è stata sempre motivata da interessi di denaro e di potere. Talvolta, per raggiungere il potere i mafiosi si sono avvalsi del bene placido di alcuni politici o di uomini delle Istituzioni.
E quando le armi o gli esplosivi hanno preceduto il Requiem, gli interessi convergenti tra mafiosi e “menti raffinatissime”, sono apparsi con evidente chiarezza.
Gli uomini d’onore di Cosa nostra non hanno lesinato pallottole per colpire chi rappresentava un ostacolo allo strapotere del sistema “mafia-politica”.
Ma la cosa raccapricciante e se vogliamo immorale è stata la latitanza del Potere costituito che non ha voluto seriamente recidere i tentacoli della Piovra.
Non è mia intenzione fare l’elenco dei Caduti per mano mafiosa ma voglio soltanto ribadire quel che milioni di italiani non accetteranno, ovvero che questo Paese non ha bisogno di eroi, ma di Uomini che seppure con difficoltà e sacrificio compiono il proprio dovere, rispettando la Costituzione.
Il mio deferente pensiero va a Nino Di Matteo e agli altri PM titolari di inchieste sulla mafia. Dunque mi rivolgo ai quaquaraquà, che hanno vergato le lettere anonime indirizzate a Di Matteo, dicendogli di smetterla.
Appare evidente, analizzando il processo Stato/mafia-trattativa, che Cosa nostra non ha assolutamente bisogno di intervenire nel caso di specie e ne consegue che le minacce a Di Matteo sono delle pure e semplici pupiate messe ad arte per rallentare se non bloccare il processo sulla trattativa Stato/mafia che ancora oggi taluni affermano non esserci stata.
Mi spiace davvero constatare come l‘ipocrisia di alcuni appartenenti alle Istituzioni, riferita alla lotta alla mafia, si manifesti con arroganza.
Purtroppo, ahimè, ancora oggi le sirene dell’illegalità suonano a festa. Non si capisce o non si vuol capire che combattere le mafie è un dovere di uno Stato definito civile e democratico.
Ed è altrettanto vero che taluni soggetti sbandierano alla luce del sole lotta senza quartiere alle mafie, salvo poi negli oscuri antri degli ambulacri di potere, hanno fatto accordi coi mafiosi. Eppoi che dire di tutti quegli squallidi personaggi in odore di mafia che siedono negli scranni di questa martoriata Repubblica?
Il male di questa Italia è che nessuno volge lo sguardo al passato: se lo facessero vedrebbero tanto di quel sangue innocente, versato anche per consentire a taluni di appropriarsi indebitamente del Potere.
Eppure, si crogiolano in una Repubblica che non è stata nemmeno capace di far conoscere quattro telefonate, dico quattro. E quindi cosa volete che importi a Cosa nostra del processo che si sta celebrando sulla trattativa Stato/mafia: assolutamente nulla se non per soddisfare una ipotetica “richiesta” in ragione del coacervo d’interessi tra loro e alcuni politici.
In un’Italia dalle diverse facce è più importante compiacere un novello pregiudicato, che ricercare la verità sulla trattativa Stato/mafia: fior di cosiddetti luminari del Diritto, stanno sezionando la Legge e tutto per salvare un individuo che in un altro Paese sarebbe già stato espulso dalla società civile.
Ma io mi chiedo e chiedo sia al signor Violante che a tutti coloro che detengono il potere: come mai questo particolare interesse non è stato rimarcato sulla lotta a Cosa nostra e segnatamente per la stragi del 92/93?
E già! Magistrati, poliziotti e carabinieri non dovevano essere salvati. In tutta questa miserabile pupiata, qualcuno affonda il bisturi sulla Procura palermitana: questi, potete star certi, non sono punciuti.
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