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Nessuno tocchi Caino
08 Feb 2016 11:20

Sovente mi capita di dover rispondere al presunto strano comportamento di Dio che nella famosa vicenda di Caino ed Abele, dopo l’uccisione di quest’ultimo, si mette a difendere “ingiustamente” Caino, con la frase “nessuno tocchi Caino”, tratta dal Libro della Genesi 4,15 poi utilizzata anche per dare il nome ad una famosa ONG transnazionale per l’abolizione della pena di morte nel mondo.

Dialogando con alcuni  giovani siamo tornati sull’argomento commentando l’omicidio del diciottenne, Marco Gentile, accoltellato davvero per futili motivi il 24 ottobre scorso a Catanzaro. Perché, dunque, Dio è così ingiusto da difendere un omicida? Credo che la domanda sia quanto mai pertinente perché ci consente di poter leggere, partendo da un punto  vista squisitamente  Biblico ciò che quasi da sempre alberga il cuore dell’uomo: il desiderio di vendetta, che sembra tra l’altro radicarsi non solo tra i familiari del giovane ucciso ma ancor più drammaticamente tra i suoi coetanei con una frase che spesso si sente ripetere: “Nicolas (autore dell’omicidio) deve morire”.

Dunque, di fronte ad un Dio che si ostina a difendere chi uccide c’è chi ancora oggi dice che bisogna uccidere chi uccide. Ebbene subito chiarire a scanso di equivoci, che Dio condanna espressamente l’agire di Caino che è da omicida, ma difende la sua natura umana che è un valore in sé, intoccabile non solo dall’esterno, ma addirittura da se stessi. Nessuno può distruggere, annientare il valore dell’essere umano: neppure – si noti – se stessi.

Il peggiore uomo non può intaccare né corrodere la dignità della propria umanità. Ora Dio protegge e rispetta accanitamente questa dignità dell’essere umano, l’ha rispettata in Adamo ed Eva nel momento del peccato contro Lui stesso, e la rispetterà sempre in ogni essere umano al punto che Cristo può dire «non son venuto per i giusti, ma per i peccatori», oppure in un altro brano ancora più rivoluzionario: «è stato detto:  “occhio per occhio dente per dente”, ma Io vi dico di non opporvi al malvagio … amate i vostri nemici».

Il Concilio Ecumenico Vaticano II riprendendo un antico e sempre nuovo insegnamento dei Padri della Chiesa, ci ha ricordato nella Gaudium et spes  che esiste nell’uomo un “sacrario”, tradizionalmente chiamato coscienza, ove alberga la dignità e il valore dell’«immagine di Dio», cioè dell’uomo, che è intoccabile e indistruttibile da chiunque: da Dio, dagli altri, da se stessi.

Espressioni come: «Liberarsi la coscienza di un peso»; «Avere, la coscienza a posto»; «Agire secondo coscienza»; «Avere uno scrupolo di coscienza», «avere la coscienza sporca»: sono tutte espressioni che indicano la presenza di  un “sesto senso”,  di un radar interiore, capace di «sentire e valutare» la qualità morale di ogni azione. Se non riusciamo più ad avvertire in noi la presenza di questo sacrario significa che non ci interessa più essere cercatori di verità e di giustizia, di ciò che realmente ci rende autenticamente più uomini.

Enzo Bianchi, a proposito della coscienza, annota che essa “non è un richiamo esterno a una legge “già fatta”, da applicare in modo meccanico, ma è una voce che chiede creatività, regalità, profezia nel discernere situazioni nuove sempre illuminate dal principio fondamentale dell’amore. Per questo la coscienza è un santuario inviolabile, è il tesoro che ogni essere umano ha ricevuto in dono da Dio come luogo interiore per la sua relazione con Dio stesso”.

Per ritornare allo “strano” atteggiamento divino dal quale sono partito, credo che questo la dice lunga su come dovremmo ciascuno di noi venerare gli altri, fossero anche i nostri peggiori nemici, come dice Gesù, e aver stima di noi stessi fossimo caduti in qualsiasi baratro di peccato. La distinzione in ogni uomo tra il suo essere uomo e il suo agire, non può essere annientata, pena l’incomprensione della storia dell’umanità e del nostro essere uomini capaci di compiere opere di giustizia, di carità, di perdono.


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