Da piccolo abuso a grande sistema che gode dell’appoggio di pezzi istituzionali, il tutto con l’interessamento della ‘ndrangheta che vede nel business del cemento e del turismo una facile (e meno rischiosa delle altre) opportunità di arricchimento. È impietoso il quadro che emerge dal rapporto annuale di Legambiente “Ecomafia”, presentato stamani a Roma e anticipato dal Corriere della Calabria.
L’associazione ambientalista dedica al “Sacco della Calabria” un ampio capitolo che si apre con il caso Reggio, città sciolta per infiltrazioni mafiose e oggi amministrata da commissari. «E’ proprio nel passare al vaglio la mappa delle aziende assegnatarie di commesse pubbliche da parte di Palazzo San Giorgio (sede del Comune, ndr) che la commissione va oltre il rischio infiltrazioni e constata che di affari le cosche ne hanno già fatti parecchi, anche nel corso dei precedenti mandati: la partita degli appalti la vincono sempre le stesse ditte edili in odore di ‘ndrangheta, le stesse aziende che da anni controllano il ciclo del cemento, legate al gotha delle ‘ndrine dello Stretto».
Quello di Reggio – presunto “modello” ancora brandito da quel centrodestra che amministra la Regione ed espresse il sindaco Scopelliti, oggi governatore – è un caso limite. «Istituzioni contigue, economia drogata, appalti pubblici pilotati – si legge in “Ecomafia 2013” –. E’ questa la fotografia impietosa della Calabria sotto l’occupazione mafiosa. Un quadro che, nel 2012 e nei primi mesi del 2013, conferma sempre più la forza pervasiva della ‘ndrangheta, una presenza strutturale che condiziona ogni aspetto della vita sociale, dall’economia alle istituzioni passando per la politica. Un’organizzazione capace di gestire i grandi traffici della droga, di reinvestire i capitali sporchi in giro per il mondo, di affermarsi come la mafia più pericolosa, potente e ricca in Europa». E il cemento non resta fuori dagli appetiti della “malapianta”.
Foto da calabria.legambiente.it
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