Dopo la plateale protesta di ieri, davanti alla Prefettura di Napoli, non sono terminate le disavventure per il testimone di giustizia Gennaro Ciliberto, vicepresidente nazionale dell’Associazione TdG.
L’incatenamento non è servito a nulla. Le accuse contro il sistema insensibile alle problematiche denunciate dai cittadini onesti, che hanno sfidato le mafie, non sono servite a nulla. Per la verità, la questione sembrava risolta con il ripristino del dispositivo di scorta.
Proprio la tutela (inspiegabilmente revocata al testimone) è stato l’oggetto del contendere. La mediazione con l’unico funzionario presente presso la Prefettura di Napoli aveva portato buoni frutti. Solo per poche ore. Una mera illusione. Questa mattina, vigilia di Natale, sono ritornate – ampiamente prevedibili – le problematiche denunciate dal Ciliberto.
La Prefettura di Napoli (una decisione notturna?) ha cambiato nuovamente idea. Il dispositivo di scorta è sceso da terzo a quarto livello.
Che significa? Semplice, i familiari del testimone, che ha denunciato e fatto arrestare esponenti della camorra imprenditrice (ma anche funzionari corrotti dello Stato), in località di origine, non avranno alcun tipo di tutela. “E’ una questione di giustizia e di umanità – piange il testimone – ho un bambino autistico e una bimba di pochi mesi. Mi hanno promesso la scorta, ma non c’è nessuno. Questa mattina mi hanno revocato il livello di scorta. Non ce la faccio più, lo Stato non può trattarmi così”.
I familiari di Ciliberto sono in viaggio, al loro arrivo non troveranno nessuno ad attenderli, e il testimone di giustizia è ricoverato in Ospedale per un principio di infarto.
A questo serve la nuova legge tanto sbandierata sui testimoni di giustizia?
#vergognadistato
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