Non basta dire che i conti oggi sono in ordine.
Non basta fare l’elenco dei tanti risultati positivi raggiunti in questi anni, dalla rete di telecardiologia alle Pet, dagli Hospice ai numerosi investimenti sulle tecnologie e sulle infrastrutture.
E non basta nemmeno dire che ora è finalmente definita la programmazione della rete ospedaliera: trenta nuovi ospedali di base con una logica di comprensorio e non di campanile.
Non basta perché lo sappiamo che troppe cose non funzionano, ancora.
Le liste d’attesa troppo lunghe, i ticket per la diagnostica troppo costosi, reparti in sofferenza di personale, ospedali che arrancano, cittadini, tra i più fragili, che troppo spesso faticano a trovare una risposta di cura.
Tante le cose che non funzionano, ancora.
E, allora, parliamo di sanità, di quello che va fatto ancora meglio.
E con ancora maggiore determinazione.
E allora diciamo tre cose scomode.
La prima è che nessuno sforzo potrà mai funzionare senza una scelta radicale: fuori la politica dalla gestione (lottizzata) della sanità.
La politica sia forte e intransigente nel governo degli obiettivi e nel controllo dei risultati ma la smetta di tenere le mani del piatto.
Se lo scopo della politica resta di raccomandare i protetti piuttosto che premiare il merito, la sanità affonda.
E’ un punto che fa male, ma è quello decisivo.
La seconda è che serve un patto con gli operatori: chi opera nel sistema sanitario fa una scelta di servizio per gli altri. Questo significa cominciare a capire che sanità non sono tanti soldi ma tanti bisogni.
E allora facciamo un patto con gli operatori sui bisogni dei cittadini pugliesi: umanizzare la relazione di cura, mettere al centro le fragilità delle persone, rigenerare un’etica del servizio.
Avere rispetto per il cittadino fragile è il primo farmaco di un buon sistema sanitario.
La terza è che solo la trasparenza può sanare i mali della sanità.
La lotta agli sprechi si può vincere: ma anche in questo ambito servono scelte radicali, dolorose. La centrale unica degli acquisti e la sanità open data sono strumenti per eliminare le discrezionalità e mettere nelle mani dei cittadini le informazioni necessarie per conoscere e controllare insieme la sanità.
La sanità che si mette in piazza è una sanità che non ha nulla da nascondere.
Eliminare gli sprechi per moltiplicare la rete dei servizi ai cittadini fuori degli ospedali.
Per fare poliambulatori che funzionino, potenziare l’assistenza domiciliare, creare strutture di accoglienza per lungo-degenti, case della salute, ospedali di comunità.
Per fare la sanità di fuori, quella che aiuta le persone a promuovere la propria salute e a gestire la malattia dove vivono.
Si può fare.
Si deve fare.
Ma serve una politica forte, con un esigente spirito di servizio e soprattutto libera da ogni cambiale.
Che in testa abbia solo l’interesse esclusivo di tutti e non quello privilegiato di pochi.
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