Il conflitto politico culturale tra i governi della Turchia, dell’Iran, della’Iraq e della Siria e la minoranza curda nel paese ha una lunga storia alle spalle. La questione curda, per quanto ben caratterizzata e definita, non risulta del tutto comprensibile se astratta dal contesto nel quale si è sviluppata: quello della storia del Medioriente. Un legame che si è rinsaldato nello scorrere degli avvenimenti del secolo scorso: l’evoluzione dal sistema coloniale all’imperialismo moderno, la scoperta e lo sfruttamento dei giacimenti petroliferi, le due guerre mondiali, i conflitti locali e la «guerra fredda».
Queste sono solo alcune delle problematiche che hanno fatto sì che la questione curda si possa considerare assai vicina alle vicende della storia europea. Negli ultimi 30 anni i partiti curdi hanno indirizzato i loro sforzi di lotta, sia armata sia politica, non più, soltanto, contro le potenze, contro i singoli regimi repressivi dell’Iran, della Turchia, della Siria e prima dell’Iraq. La lotta per l’indipendenza ha assunto i connotati propri delle lotte di liberazione in corso anche in altri paesi nel mondo, da parte delle minoranze oppresse. Ma questa affermazione è solo in apparenza semplice: in realtà spesso, per i curdi, è addirittura difficile individuare il proprio vero nemico, e questo dipende da numerosi fattori: ad esempio, il più delle volte, paesi lontani dal Curdistan, ma presenti sulla scena internazionale, formalmente approvavano e sostenevano l’indipendenza dei curdi, ma in sostanza appoggiavano la politica repressiva dei singoli governi, spesso con aiuti economici ai vari regimi, nascondendo così le consuete dinamiche dell’imperialismo dietro un intervento indiretto ma ugualmente efficace.
II Kurdistan esiste da almeno quattromila anni, abitato da una popolazione di stirpe indoeuropea, di religione originariamente zoroastriana convertitasi all’islam dopo la conquista araba; il popolo curdo ha vissuto fino al secolo scorso perfettamente integrato con le altre culture del Medio oriente. Alla fine della Prima guerra mondiale questo territorio è stato arbitrariamente suddiviso dalle potenze europee vincitrici che perseguivano i propri interessi coloniali nella regione: da allora la situazione è rimasta invariata e il popolo curdo combatte per riavere il diritto a vivere libero e in pace sulla propria terra.
Cerchiamo di chiarire ai lettori italiani, cosa vogliono i curdi. Il popolo curdo chiede che la minoranza curda venga riconosciuta dai governi negli stati nei quali risiede, chiede di potere fare uso della propria lingua, della propria tradizione, dalla propria scuola, ma soprattutto vuole la democratizzazione dei paesi che controllano il Kurdstar. Proprio questo è stato il punto che ha sempre determinato la brutale repressione da parte dei singoli governi che occupano il kurdistan nei confronti del popolo curdo.
La prima guerra del Golfo, nel 1991, aveva portato alla ribalta delle cronache le persecuzioni di cui sono stati, e sono tuttora oggetto, i curdi. È emerso palesemente l’aspetto tragico e terribile della loro esperienza, ma quello che ancora una volta era ed è sfuggito, e che continua a rimanere tuttora ai margini dell’informazione, è l’analisi attenta della loro storia e della loro cultura. Sono una delle più importanti ed antiche civiltà dell’Oriente, eppure questa verità elementare e fondamentale resta spesso nell’ombra. Una “dimenticanza” dovuta, con tutta probabilità, almeno nel campo dei media, ad una “colta” ignoranza.
Certo che il popolo curdo non può vantare gli uomini più ricchi del pianeta. Genericamente è indicata come una minoranza oppressa. Un luogo comune, come tanti altri, per spiegare lo smembramento del popolo curdo. È in questi luoghi comuni che si affossano ogni giorno le speranze di migliaia di uomini. Spesso il sogno di vivere in un kurdistan libero e indipendente è finito sulle coste pugliesi e calabresi in Italia o in altri paesi europei, per i curdi in fuga dalla persecuzione provocata dei governi dell’Iran, della Turchia, della Siria e dell’Iraq prima dalla caduta del regime dittatoriale di Saddam.
La formazione di una diaspora curda in Europa è un fenomeno recente. Nel 1960, i curdi provenienti dalla Turchia hanno iniziato ad arrivare in Germania, Austria, Svizzera e Francia, come lavoratori immigrati nel quadro di contratti governativi e accordi in materia di lavoro degli immigrati. Ma dopo la rivoluzione islamica, in Iran, del 1979, il colpo di Stato in Turchia del 1980, il massacro perpetrato dal regime iracheno con l’operazione Anfal e la campagna, lanciata nel 1992, di evacuazione forzata e distruzione di villaggi curdi, accoppiata con una politica di assassinio politico di élite da “squadroni della morte” e forze paramilitari, è aumentato l’esodo dei curdi verso l’Europa.
Il gruppo più consistente (circa 650 mila) si trova in Germania, ma altre numerose comunità si trovano nei paesi dell’Unione Europea. In Italia si trovano circa due milla curdi, sparsi nel centro e nel nord Italia, per lo più con regolare permesso di lavoro. In Kurdistan vi sono numerosi fiumi: i più famosi sono il Tigri e l’Eufrate che nascono nei territori kurdi in Turchia. Altri come i fiumi Zeb grande e Zey piccolo nascono rispettivamente in Turchia ed in Iran ed il Kizil Uzan in Iran. I laghi più grandi sono il Lago di Van in Turchia e il Lago di Urmia in Iran. Il clima va dal caldo arido al freddo nordico. Il Kurdistan è ricchissimo di risorse naturali, in particolare il petrolio. Nel Kurdistan dell’Iraq viene estratto un 65% del petrolio iracheno, nella parte del Kurdistan turco c’è ferro, gas naturale, oro, carbone, alluminio, nel Kurdistan iraniano viene estratto un 35% del petrolio che esporta l’Iran. La zona è molto fertile per l’agricoltura e per l’allevamento del bestiame. Gli Stati che governano il Kurdistan hanno praticato e tuttora praticano una politica coloniale di sfruttamento.