Napoli è terreno fertile per iene e sciacalli.
Gli sciacalli sono quelli che si avvicinano a questa città col preconcetto di avere la verità in tasca.
Sono quelli che sanno già tutto.
Arrivano a Napoli per raccontarla ma sanno già cosa dire o scrivere: la pizza, il mandolino, Maradona, i fatalisti, i disoccupati, il paradiso abitato dai diavoli, il pane cotto con legna delle bare ed altre cazzate che manco sto più a dire.
Le iene sono i costruttori e manipolatori dei luoghi comuni più beceri, quelli che inverano o creano porcherie che poi sopravvivono sul web benché false. Sono soprattutto quei napoletani (non quelli del Nord… direbbe Bellavista) che adorano lo sfruttamento intensivo e la spettacolarizzazione dei guasti delle periferie che sono uguali in qualunque metropoli del mondo.
A Napoli trovi sempre una, due, tre, cento, mille iene che si sentono immacolate come le vergini nelle case chiuse e che lavorano nell’ombra in quel gioco di società italiano che qualche mente eccelsa ha definito “sputtanapoli”.
Su ogni cosa becera, su qualunque porcheria che tocca questa città, c’è sempre la loro firma. Loro amplificano l’inutile e l’insussistente e silenziano le cose gravi. E lo fanno per vivere e ingrassare bene. Sono iene, non si nutrono ma sbafano, fottono e desiderano.
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