Era la notte del 13 febbraio del 2015, nella discoteca Goa di Palermo Aldo Naro, 24 anni, festeggiava il carnevale in un prive del locale. Si era da poco laureato in medicina.
Scoppia una rissa. Tutto per un banale cappellino da cowboy, sottratto a Naro. Poi la dinamica si fa oscura. Intervengono i buttafuori del locale. Naro viene accompagnato fuori della discoteca, ma nel tragitto sembra che cada e poi viene colpito da un violento calcio alla tempia. Quello che ne provoca la morte.
Una morte assurda, che lascia sotto shock una famiglia. Il padre di Aldo, da quel giorno, vive per la verità di suo figlio e per sensibilizzare i giovani a non usare la violenza.
Le indagini delle forze dell’ordine scattarono serrate. Fu individuato l’aggressore, che venne mandato a processo. Si tratta di un minorenne. Colui che ha sferrato il calcio.
Il tribunale lo condanna a dieci anni con rito abbreviato. Ma si cercano altri colpevoli. Così vengono emessi 13 richieste di rinvio a giudizio, che saranno analizzate alla fine di febbraio. I reati vanno dalla rissa al favoreggiamento.
I genitori di Aldo, ad un anno dalla morte, chiedono di sapere cosa ha scatenato quella rabbia bestiale e dicono che vivono per saperlo.
Per l’anniversario saranno celebrate due messe. Una a San Cataldo, il paese di origine del giovane. Un ragazzo che festeggiava il carnevale, pronto per diventare un futuro da medico.
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