Dopo una lunga recessione, il nostro paese sembra avvicinarsi ad una stagione di crescita economica. Non sarà una cavalcata trionfante (basso è il potenziale di crescita, in assenza di grandi riforme strutturali), ma torneremo a crescere.
Tutto ciò non succederà in molte parti del mezzogiorno.
La crisi strutturale di questi anni è stata sistematicamente sottovalutata da pezzi importanti della classe dirigente del mezzogiorno, che non hanno colto (o meglio non hanno voluto vedere) la profonda trasformazione del Sud già alla fine degli anni 90 ed all’inizio del nuovo secolo.
Il modello sociale ed economico si è a lungo basato su una forte redistribuzione clientelare e parassitaria che ha spostato risorse dalla produzione alle politiche assistenziali.
Si è continuato a spendere (questa volta a debito) nonostante la fine della spesa pubblica, anche in questi anni da fine impero.
Il declino è evidente e non abbiamo più tempo.
Occorre una svolta rapida, determinata, una grande “rivoluzione” sociale ed economica.
Dobbiamo tutti metterci in discussione, le imprese, il mondo politico, la scuola e le università del mezzogiorno (che faticano ad uscire da vecchie stagioni).
Non so se siamo ancora in tempo, ma dobbiamo provarci fino in fondo.