Non solo fa male, uccide, scardina, sconvolge, romba, spopola e ferisce. Il terremoto stanca.
Ti fiacca. Più passa il tempo, più ti leva le forze. Ti stanca di giorno e di notte. Fisicamente. Più cerchi di cacciarlo via, più torna. E ti sfianca.
Non c’è un momento della giornata nel quale non c’è: c’è quando sali in automobile per percorrere chilometri e recarti al lavoro, sta sulle locandine dei quotidiani, nelle macerie che costeggiano le strade, nelle tensostrutture, le palafitte, i MAP, i container, le gru, le impalcature. È dentro tutte le parole che scambi al bar. Sta nei carrelli dei supermercati mai pienissimi perché “dove la metto tutta ‘sta roba”, nelle e-mail, sui fili del telefono. Si presenta anche a scuola, ancor prima che entri nel MUSP. A tavola, con le suppellettili dei terremotati. In balcone, con tutto quello che devi mettere fuori perché dentro non c’è spazio. C’è anche quando stai male e vai a farti una visita in ospedale: trovi la scritta “Posto fisso di Polizia” su un container.
Sta dentro le bollette che devi pagare, nel tuo stipendio (se ce l’hai), nei moduli che devi riempire, nelle richieste che vuoi fare, nelle riunioni cui partecipi e anche in quelle dove non vai. Riesce ad entrare nel tuo conto corrente e lo prosciuga. L’ho visto anche dentro i cassonetti dell’immondizia.
L’ho letto sulle comunicazioni che arrivano a tanti aquilani: comunicazioni di rinvio a giudizio per aver cercato di manifestare il dissenso. Lì dentro, però, c’è un altro terremoto, non quello che ti stanca, neanche che ti fa soffrire. C’è il terremoto di chi ti vuole intimidire, offendere e fartela pagare.
La sera poi è ovunque, soprattutto nei pensieri. Quando non sai che fare. Sali nuovamente in automobile, decidi di andare in città: la immagini, perché non c’è. Arrivi davanti a tutto quell’abbandono e non vedi l’ora di incontrare qualcuno per farti due chiacchiere. “Ciao come va? Da quanto tempo! Ma sei rientrata a casa?”. Eccolo, si piazza anche lì, dove volevi distrarti.
A casa nel dopo cena, ti colleghi sulla rete e c’è solo lui, implacabile. Che ti stanca, ti schiaffeggia e ti porta al letto stremata.
Ma sai che non devi mollare, se sei donna ancor di più. Le donne del terremoto, che siano aquilane, friulane, emiliane, umbre, campane ecc. sanno rialzarsi, lavorare, accudire, ricordare e non morire.
Foto di Mauro Scrobogna (da internet)