A San Giovanni in Fiore un cittadino su due è disoccupato. E non sono solo i giovani ad essere senza lavoro in quella che ancora viene indicata come la ”Capitale della Sila”, 18 mila abitanti circa a oltre mille metri sul livello del mare (è il comune più popoloso d’Italia a questa altitudine). La mancanza di lavoro, male endemico in questi luoghi dissanguati negli anni dall’emigrazione verso i quattro angoli del mondo, non risparmia alcuna fascia d’età.
In particolare, sono molti gli over 40 e 50 che non hanno mai conosciuto un’occupazione stabile. Chi un lavoro ce l’ha deve fare i conti con la precarietà si chiami Lsu o Lpu. C’è da tempo chi parla, tra istituzioni locali e forze sociali, di vera e propria polveriera sociale per questo paesone cresciuto nel verde dell’altipiano silano all’ombra del cenobio fondato dall’abate Gioacchino da Fiore.
”La situazione – afferma l’ex parlamentare del Pd Franco Laratta che vive a San Giovanni – è davvero drammatica: la disoccupazione reale, al di là di quello che possono indicare le statistiche, supera il 50%. E nell’ultimo anno, a fronte dell’aumento della disoccupazione tra le fasce più avanti negli anni si è accentuata la fuga dei giovani che, in assenza di prospettive per il loro futuro, riprendono la valigia”. Diagnosi condivisa da Roberto Castagna, segretario generale della Uil. ”Si tratta di un contesto – dice – davvero particolare che necessita di attenzione per le sue caratteristiche specifiche di forte sofferenza sul piano economico e sociale”.
I segnali di crescente tensione, del resto, non mancano in una realtà che, tra le poche in Calabria, ha già sperimentato il reddito minimo d’inserimento sociale. Occupazioni, blocchi stradali, scioperi della fame rappresentano la dura quotidianità per una popolazione che, dopo la rarefazione delle occasioni offerte dalla forestazione, adesso rischia di fare i conti anche con la perdita di altri ammortizzatori sociali. ”
Ambiente e turismo restano punti di forza di San Giovanni in Fiore assieme all’artigianato e alle bellezze storico artistiche. Intanto, però, l’emorragia continua…
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