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Il monsignore prendeva donazioni a nome dei poveri e poi li regalava ai parenti

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Monsignor Nunzio Scarano distribuiva ai propri parenti i generi alimentari che riceveva in elemosina e che ufficialmente venivano inviata alla Casa degli anziani di Salerno: emerge anche questo dalle intercettazioni telefoniche contenute nell’ordinanza di custodia cautelare notificata al prelato dalla Guardia di Finanza. L’11 aprile 2013, in particolare, Scarano, conversando con tale Giovanni, “dice che la settimana prossima – si sintetizza nell’ordinanza – dovranno arrivare gli altri pelati e li distribuisce alla propria famiglia“; nota il gip: “Mentre lui riferisce al telefono a tutti i propri interlocutori che li distribuisce alla Casa degli anziani!“. La sintesi della telefonata con Giovanni prosegue: “Nunzio chiede se ha tolto tutti i pelati dal garage (quelli della volta precedente che pure ha riferito di distribuire alla Casa degli anziani, sottolinea il gip); Giovanni dice che li ha barattati con Mimmo per avere dell’olio e del vino. Nunzio dice di darli alla madre e di dare quattro o cinque cartoni di vino a Enrico quando viene“.

Ascoltate come persone informate sui fatti, la coordinatrice della casa e la presidente della società municipalizzata che la gestisce hanno riferito di non avere mai ricevuto offerte o donazioni di generi alimentari dal monsignore.

Dalle intercettazioni emerge anche che Scarano era preoccupato dello sviluppo delle indagini sullo Ior. In una conversazione del 23 febbraio 2013, in particolare, Scarano chiama l’armatore Paolo D’Amico (famiglia cui era talmente legato tanto da dire che “io sono l’incudine, loro il martello“). La telefonata avviene da un apparecchio fisso intestato a un amico: ”Il mio telefono chiaramente è sotto controllo – dice Scarano – ed il rischio sono da 4 a 12 anni per antiriciclaggio perché loro pensano che questi soldi è come se fossero transitati allo Ior quando poi non ci sta proprio niente di tutto questo”.

Alla domanda dell’interlocutore su come gli inquirenti sarebbero arrivati a questa conclusione Scarano risponde: “E con le telefonate evidentemente intercorse, sapendo che il monsignore lavora in Vaticano. Questo che è il dottor Stefano Fava (il pm titolare dell’inchiesta romana – ndr) ha già fatto cose contro il Vaticano, hai capito?“.

E di lì a poco aggiunge: “Per evitare che tutto questo arrivi nel Vaticano alla vigilia di una nomina, tra l’altro, (la sua nomina ad arcivescovo – ndr) ma non mi interessa tanto il fatto della nomina ma uscirne fuori“. In un’altra conversazione avvenuta di lì a poco, sempre parlando da un numero fisso, il monsignore confida: ‘‘Ora la situazione è molto delicata, perché a parte tutto si rischia grosso: Stefano Fava è quello che si interessa delle vicende dello Ior, ti ricordi?”.

Proprio i funzionari della banca vaticana, del resto, negli ultimi tempi erano diventati più cauti nella gestione del denaro di Scarano, che se ne lamenta con un amico: “Stamattina mamma mia che casino per un assegno, stanno cominciando a rompere i c… anche qui in Vaticano“.

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