Lo scorso 5 gennaio 2014 Pierluigi Bersani è stato ricoverato d’urgenza a Parma a causa di un malore provocato – si verrà poi a sapere – da un ictus.
Per chi frequenta la rete non sarà sfuggito un fatto: il sito de La Repubblica e la pagina Facebook de Il Fatto Quotidiano sono stati presi di mira da una serie di commentatori che inneggiavano felici alla condizione di Bersani, con insulti e augurandosi che l’ex segretario del Partito Democratico morisse o comunque scontasse le sue “malefatte” qualunque essere fossero state.
La mia spiegazione proverà ad essere sociologica, fermo restando che:
- è da vigliacchi oltre che spregevole augurarsi la morte di chicchessia;
- così come ci sono stati commenti negativi, ci sono stati attestati di stima e di solidarietà bipartisan per le condizioni di Bersani da parte di semplici cittadini;
- non ha senso chiedere che ci siano controlli di moderatori illuminati del popolo della rete, primo perché l’atteggiamento è criticabile con la stessa argomentazione della critica di Platone totalitarista di Popper, secondo perchè non esiste nessun popolo della rete;
Secondo me ci sono due modi per capire l’esacerbata reazione da parte di alcuni commentatori TUTT’ALTRO che anonimi: Pierluigi Bersani come narrazione e la teoria sociologica della spirale del silenzio.
Pierluigi Bersani è un racconto televisivo
Pierluigi Bersani non da tutti è percepito come persona, con moglie, figli, fratelli che piangono preoccupati, amici che si informano sullo stato di salute.
Bersani è da alcuni percepito come un personaggio televisivo, concreto e reale come Carlo Conti, Raffaele il portiere di Palazzo Palladini (Un posto al sole), il giudice Santi Licheri (Forum), il Commissario Montalbano.
La figura di Bersani si è progressivamente televisionificata, complice l’ipermediatizzazione di cui è stato oggetto (le parodie di Crozza, il format X-Factor delle primarie, le continue apparizioni televisive, le dirette streaming con i grillini).
Bersani sempre meno persona, sempre più racconto televisivo
In questo modo vanno considerate alcune battute terribili o affermazioni incivili di cui è stato oggetto: inveire contro Bersani è inveire contro un personaggio televisivo icona della casta politica che – secondo un classico refrain – “tanti danni ha fatto all’Italia di questi anni”.
Che poi sia una persona vera, in carne ed ossa, è assolutamente circostanziale.
I commenti violenti sono frutto della spirale del silenzio
Uno dei modi per comprendere il comportamento dei commentatori violenti è considerarli come una forma di opinione pubblica e quindi usare gli strumenti per capire l’opinione pubblica.
Esistono diverse teorie dell’opinione pubblica, ma la mia preferita (e quella che fa al caso nostro adesso) è la teoria della spirale del silenzio.
Questa teoria è stata sviluppata negli anni ’60 dalla ricercatrice tedesca Elisabeth Noelle Neumann per spiegare delle incongruenze fra sondaggi di opinioni e elezioni politiche.
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