Mille lettori di Resto al Sud, ieri, in poche ore hanno votato per pronunciarsi sulla necessità delle dimissioni del sottosegretario alle Infrastrutture Antonio Gentile.
E il risultato è stato impietoso, il 93 per cento del popolo di Resto al Sud ha affermato che Gentile si doveva dimettere subito. E così poco dopo è stato. Cento righe. Tanto è lungo lo sfogo che Antonio Gentile ha affidato ad una lettera indirizzata a Napolitano, Renzi e Alfano con cui ha motivato le sue dimissioni da sottosegretario dopo appena 48 ore dal giuramento a Palazzo Chigi.
Quarantotto ore quasi tutte spese a rintuzzare e controreplicare alle accuse mosse da “mandanti e ascari che hanno ordito questa tragicomica vicenda” che sono rimbalzate dalla Calabria a Roma. Accuse infamanti, prodotte, da “una macchina del fango” mai sazia, è la sintesi “dell’amara riflessione” che fa l’esponente di Ncd confidando, anzi chiedendo con urgenza, che “la magistratura smentisca definitivamente le illazioni di cui sono vittima”.
“Lo stillicidio a cui sono sottoposto da diversi giorni e che ha trovato l’acme allorquando sono stato nominato alle Infrastrutture – spiega Gentile – mi ha portato a una decisione sofferta, maturata nell’esclusivo interesse del mio Paese e nel rispetto del mio partito”.
Ed è per questo che il senatore calabrese parla di “un gesto di generosità verso un Paese che non deve e non può attardarsi su una vicenda inesistente. Per chiarire tutto – assicura – ci vorrà poco tempo e mi auguro che a quel punto ci sarà chi avrà l’umiltà di scusarsi”. “Chiedo solo che si faccia luce su tutto e che chi ha inteso esprimere giudizi inaccettabili sulla mia persona si ravveda davanti alla verità terza e oggettiva che sarà scritta dai giudici, ma che è già ben presente nella mia coscienza”, dice Gentile, che vede dietro gli attacchi di cui è stato vittima la “volontà pervicace di colpire Renzi”.
Ma anche su questo, assicura, non si arrenderà mai. “Il Paese di Cesare Beccaria – accusa – è tornato nel medievalismo più opaco, fatto di congetture astruse e di mera cattiveria” anche contro “un politico che ha vissuto la sua vita senza alcuna macchia, che non ha indagini a suo carico, che è incensurato” ma che nonostante questo “viene costretto dalla bufera mediatica a non poter esercitare il suo incarico”.
E’ una riflessione amara, quella del sottosegretario che si dice ancora una volta vittima “di un segmento dell’Italia che preferisce vivere di slogan e di sentimenti truci, sfruttando la disperazione di tanta gente al solo scopo di uccidere la politica, le sue basi comuni, il diritto positivo” facendo di lui “carne da macello, per soddisfare la bulimica perversione di chi intende la lotta politica come mezzo di sopraffazione”.
Un’ultima considerazione, è rivolta a quei direttori di giornale e Tg (De Bortoli, Calabresi, Mentana, Mauro, Napoletano) che dalla lettura della ormai famosa vicenda delle rotative fermate a L’Ora di Calabria hanno ritenuto in pericolo la libertà di stampa.
Un valore, assicura in conclusione Gentile, che è anche suo ritenendolo “un bene supremo che però andrebbe sempre coniugato con il rispetto dello stato di diritto. Ed è per questo che mi auguro che la mia battaglia per ripristinare la verità possa trovare sui loro giornali lo stesso spazio che è stato dedicato ai miei accusatori“, è la sua stoccata finale.
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