Le parole del grande scrittore calabrese, oggi più che mai sono utili alla comprensione di quanto sta accadendo ai docenti meridionali:
“…Coloro i quali pensano all’Italia meridionale come a una contrada che ha per ideale di vivere a spese dello Stato, riflettano a come è nata tale disposizione. Non è qui il luogo per tracciare quella storia dolorosa, né per dire come la nostra parte di meridionali nel miliardo annuo che fruttava l’emigrazione, assorbita dalle grandi banche attraverso il sistema delle piccole banche locali, adoperato per fondare la grande industria, e non precisamente da noi, fu alla fine distrutto attraverso le piccole banche che fallirono puntualmente travolgendo tanta economia meridionale faticosamente conquistata. Priva d’industrie, rovinata, divenuta un terreno di sfruttamento dell’industria non locale, al livello di poco più che una colonia, si capisce che la sola speranza fu il pane dello Stato.
Dico queste cose brevemente per i signorini che reputano l’Italia meridionale economicamente e intellettualmente una contrada di moretti convertiti, dimenticando quanto sudore di sangue essa diede, e quanto contribuì al pensiero italiano in modo veramente sostanziale, nell’orbita universale, da Vico a questa parte, fuori della retorica provinciale che tuttavia ebbe il tempo di guastare la più realistica tradizione del mondo…”
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