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Compra un Picasso con i soldi delle tasse dei napoletani
27 Giu 2013 09:21

Parte dei soldi che i cittadini napoletani hanno versato negli anni come tasse, per i servizi più vari, dalla raccolta dei rifiuti alle affissioni pubbliche, potrebbero essere serviti all’amministratrice di una società fallita per comprare un quadro di Picasso del valore di circa 11 milioni e mezzo di euro.

Un dipinto, un olio su tela dal titolo ‘Compotier et tasse‘ datato 1909, che la donna, secondo l’accusa, stava cercando di rivendere a New York per “monetizzare”, ma che i finanzieri del Comando provinciale di Milano sono riusciti a sequestrare poco prima che venisse battuto all’asta, grazie alla collaborazione e all’intervento delle autorità americane.

È così che il ritrovamento negli Usa di un’importante opera del maestro spagnolo e un presunto peculato da milioni e milioni di euro ai danni dei contribuenti di Napoli si sono saldati in un’operazione della Gdf, condotta all’interno di due filoni distinti di indagini.

In uno di questi, tra l’altro, era rimasto coinvolto anche un avvocato campano, legato, secondo gli investigatori, a personaggi della camorra e della Banda della Magliana. Nel giugno del 2011, infatti, nell’ambito di un’inchiesta coordinata dai pm di Milano, Luigi Orsi e Sergio Spadaro, erano state arrestate cinque persone, tra cui Gabriella Amati e Angelo Maj (morto nel febbraio 2012), amministratori di fatto della Aip, Azienda italiana pubblicità. Stando alle indagini, tra il 2005 e il 2009, la Aip, con studio in centro a Milano, avrebbe “continuato a ricevere, sul suo conto corrente postale, i contributi erroneamente versati dai contribuenti, in buona fede”, nonostante “non si occupasse più della riscossione dei tributi” per conto del Comune di Napoli. Un peculato da circa 40 milioni di euro, coi soldi finiti nella società poi svuotata e portata in bancarotta.

Nel frattempo, erano emersi anche contatti tra Amati e Mariano Baldini, legale di 43 anni originario di Caserta, titolare dello studio di consulenza ‘Baldini & Partners’ di via Sciesa a Milano e arrestato nel settembre 2012 nell’inchiesta del pm Stefano Civardi con al centro l’agenzia Debiti spa.

Indagine nella quale erano saltati fuori anche personaggi vicini a clan camorristici o altri soggetti legati alla Banda della Magliana. Proprio nel corso delle perquisizioni dello scorso settembre, gli investigatori avevano trovato tracce di un deposito di un’opera d’arte da parte di Gabriella Amati in Svizzera, ma quando si erano mossi per recuperarla oltre confine avevano scoperto che era già stata trasferita negli Usa. Una volta ricostruito il percorso del quadro fino a New York, i pm Sergio Spadaro e Stefano Civardi, titolari delle due inchieste, hanno chiesto e ottenuto dal gip il sequestro e avviato una rogatoria negli Usa. L’opera così è stata bloccata ieri dalle autorità americane prima che venisse venduta in una casa d’aste nella ‘Grande Mela’.

Il quadro del padre del Cubismo tornerà in Italia a breve, sotto sequestro preventivo della magistratura e in caso di confisca entrerà nel patrimonio dello Stato.


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