Lunedì mattina si è riunito a Foggia l’esecutivo regionale in una seduta di “giunta territoriale”, come è stato battezzato il tour provincia per provincia intrapreso dal governo pugliese. Quella di Foggia era la terza tappa, dopo Taranto e Brindisi ed è giù un fatto importante. Che diventa addirittura storico se si tiene presente che qualche ora prima, domenica sera, il governatore Michele Emiliano era sugli spalti dello Zaccheria per tifare Foggia nella sfida promozione.
Non era mai successo. Ed è comunque un bel segnale di attenzione verso i problemi della Capitanata (anzi, della Puglia settentrionale, la differenza non è soltanto nominalistica) che rischia però di rimanere del tutto fine a se stessa.
Non basta la buona volontà, pur diffusamente manifestata da Emiliano e i suoi assessori durante i lavori della “giunta territoriale” che si è riunita nel Sala del Tribunale di Palazzo Dogana.
Il tono del confronto è stato paurosamente basso, e non poteva essere diversamente, visto che da decenni la Capitanata è costretta sulla difensiva, senza riuscire a mettere i campo progetti di largo respiro.
La platea era affollata e sono stati molti gli intervenuti. Forse troppi. Il taccuino dei cronisti presenti si è riempito di una congerie di richieste, piccole e grandi, disomogenee, episodiche, frammentarie, cifra tangibile dell’assenza di una visione strategica dello sviluppo che accomuna tanto la classe dirigente della provincia di Foggia, quanto quella regionale.
Dal canto suo, Emiliano ha detto che il rilancio della provincia di Foggia rappresenta un obiettivo strategico del suo Governo, indicando “in un mix di agricoltura, di industria di qualità, ricerca scientifica e soprattutto turismo” gli ingredienti necessari. Basterà? Sicuramente no. Il gap accumulato dalla provincia di Foggia è così pesante che non bastano le lodevoli intenzioni enunciate da Emiliano per invertire la tendenza.
Il governatore ha sicuramente ragione quando parla della necessità di “progetti condivisi” nel tentativo di arginare le polemiche sulla modestissima quota (appena il 5%) assegnata alla Puglia nord per la realizzazione e di infrastrutture nell’ambito del Patto per il Sud che la Regione sta per sottoscrivere con il Governo. Secondo il presidente, esistono altre fonti di finanziamento per soddisfare le necessità della Capitanata, ma sono necessari, appunto, progetti condivisi, ovvero quella visione unitarie e strategica dello sviluppo locale, la cui assenza è stata dimostrata in maniera lapalissiano proprio dalla lunga passerella di interventi che hanno punteggiato la tappa foggiana del tour della giunta regionale.
Il rischio del classico cane che si morde la coda è più che mai concreto.
Tra i non molti interventi che hanno registrato una significativa convergenza vanno segnalati quelli dell’assessore regionale all’agricoltura Leo Di Gioia e del presidente della Camera di Commercio, Fabio Porreca. Entrambi hanno convenuto sulla necessità di recuperare progetti importanti che si sono da tempo arenati, come la seconda diga sul Fortore, a Piano dei Limiti, la superstrada del Gargano, il treno-tram. L’assonanza non è casuale, perché Di Gioia è stato – quando era assessore provinciale nella giunta Pepe – uno dei protagonisti di Capitanata 2020, che resta, pur nella urgente necessità di verificarla ed aggiornarla, la sola progettualità oggi in campo, che possa consentire di intercettare finanziamenti nazionali e comunitari.
Un altro livello di possibile convergenza si può leggere negli interventi del sindaco di Foggia Franco Landella e del presidente della provincia Francesco Miglio: il primo ha sottolineato la necessità di rilanciare l’area vasta (che produsse Capitanata 20202 e che vede quale capofila proprio il comune di Foggia. Dal canto suo il presidente della provincia ha sollecitato l’impegno dell’esecutivo regionale su infrastrutture, rifiuti e riqualificazione urbana.
Altre assonanze hanno fatto registrare gli interventi del presidente di Confindustria dauna, Gianni Rotice e dell’assessore regionale al bilancio, Raffaele Piemontese, foggiano come Di Gioia, che ha indicato altri obiettivi strategici nella riqualificazione della pista del Lisa – ma bisogna attendere i via libera da Bruxelles, il dissesto idrogeologico dei Monti dauni, il porto di Manfredonia e le piattaforme logistiche integrate delle zone Asi di Foggia e Manfredonia.
È auspicabile che siano questi i “progetti condivisi” sollecitati da Emiliano. Ma basteranno?
Temo di no, per le ragioni che ho già espresso prima. Il ritardo accumulato dalla Capitanata è tropp
o pesante per sperare di recuperarlo nelle logiche di intervento “ordinario” della Regione. Se si vuol recuperare veramente la Provincia di Foggia nello scacchiere dello sviluppo pugliese è necessario veramente invertire la rotta. Ma non solo a Foggia. Non si tratta, per dirla fuori dai denti, soltanto di dare il giusto alla terra dauna.
Ha ragione il sindaco di Manfredonia, Angelo Riccardi che si è detto molto orgoglioso di soffrire di foggianesimo: “Emiliano è il presidente di Regione più disponibile che abbiamo mai incontrato, ma quando si tratta di arrivare al dunque, la Capitanata viene puntualmente dimenticata. Sempre le solite scorribande: si pensa a rafforzare l’area metropolitana di Bari che è già ricca di per sé. E poi mi dite a cosa serve la metropolitana di superficie di Lecce?”
Riccardi mette drammaticamente a nudo la sostanza delle cose. È necessaria farla finita con le scorribande. Un riequilibrio reale, condiviso presuppone che le aree che hanno già avuto rinuncino a qualcosa, a beneficio delle aree più deboli. Il resto è aria fritta.
Saranno disposti a tanto, Bari e Lecce? Chissà perché, credo proprio di no…