Ha un nome dalla fonetica curiosa, ma la Pacchianella non è zona da poterci sorridere. Solo qui, in territorio di Giugliano, sono state individuate 15 discariche abusive. Niente a che vedere con gli interramenti tossici della camorra, con le speculazioni delle grandi aziende anche del centro-nord. No, niente di tutto questo: qui i criminali, perché è di questo che bisogna parlare, sono fatti in casa. Spiega Pasquale Trocino, responsabile del commissariato di polizia di Giugliano: «Abbiamo disposto un sequestro, si tratta di un vecchio canale borbonico dove sversano di tutto. Non bastano i sequestri, le telecamere volanti, le segnalazioni, gli interventi comunali a rimuovere la spazzatura. Ritornano e gettano di nuovo, poi arriva qualcuno a bruciare gli accumuli e tutto diventa fumo e incendio tossico». Se qualcuno (pochi) ancora non sa perché il territorio da bonificare si chiama terra dei fuochi, ora è servito. Niente grandi disegni criminali, niente dita da puntare lontano.
Alla Pacchianella gettano i loro scarti i gommisti di un’intera provincia, altrove arrivano i camioncini delle piccole ditte di scarpe, pelletterie e abbigliamento dell’area vesuviana a scaricare avanzi di pelle, colla, stoffe. Quando tutto diventa troppo, basta rivolgersi a piromani di professione, per eliminare tracce di prove e fare spazio ai prossimi scarichi.
Dice Antonio Marfella, medico tra i fondatori dei Medici per l’ambiente: «A conti fatti, si tratta di non meno di seimila tonnellate al giorno di rifiuti speciali prodotti a nero, smaltiti ogni giorno alimentando roghi tossici. Si tratta di scarti in un territorio dove un terzo della popolazione residente di Terzigno è di etnia cinese, dove gli imprenditori nel tessile a nero nella sola San Giuseppe Vesuviano contano non meno di diecimila addetti stimati».
La filiera del falso, quella che nell’ultima ruota del carro arriva agli extracomunitari che vendono borse nelle strade napoletane, si alimenta anche di risparmi sugli scarti delle lavorazioni. Dice Pasquale Trocino: «Noi e i carabinieri controlliamo il territorio, facciamo segnalazioni ai vigili del fuoco. Abbiamo arrestato un panettiere scoperto ad appiccare un incendio e ha confessato senza accusare i mandanti».
Solo quest’anno, i roghi tossici censiti sono 133. Di questi, 107 sono in provincia di Napoli e 26 in provincia di Caserta. Il record spetta all’area nel comune di Giugliano: 56 roghi, sparsi tra le zone della Pacchianella, della zona Asi, della Masseria del Pozzo, della prima e seconda Circumvallazione a ridosso dei due campi rom dove si trova manovalanza a basso costo per appiccare il fuoco. Un campo rom è non distante dalla ex Resit e molti razzolano tra le discariche abusive e flessibili, che spuntano come funghi per trovare un po’ di ferro, cartoni e materiale da riconvertire.
Di certo, in un’Italia dove in ogni settore c’è bisogno di un commissario con poteri straordinari, non poteva mancare il commissario per gestire il problema dei roghi tossici nella terra dei fuochi. È in carica dal 2013 ed è il prefetto Donato Cafagna. Racconta: «È una battaglia contro il tempo e contro l’incuria interessata. Per la pulizia immediata, oltre alla buona volontà dei Comuni che non sempre hanno risorse e personale disponibili, ci supportano le società regionali Campania ambiente e servizi e la Sma Campania. Una guerra senza sosta».
La guerra – Già, una guerra. Con un nemico che, come tutte le truppe da guerriglia, sa mimetizzarsi. Una guerra da interessi di piccole e grandi economie: le aziende fantasma del tessile a Terzigno, le ditte vesuviane dell’abbigliamento e della scarpe, in gran parte cinesi, nascoste spesso negli scantinati, nelle case private, senza un vero e proprio opificio da ispezionare.
Militari e polizie municipali sono in attività. Ben dodici pattuglie del’esercito, tra le province di Napoli e Caserta, con cento uomini in più solo quest’anno a fare la guerra ai roghi tossici. Dice il commissario Cafagna: «I gommisti danno problemi, i Comuni intervengono con le loro ditte di rimozione. La società Ecopneus li preleva dalle zone di stoccaggio organizzate, per smaltirli. Rappresentano il principale materiale per gli inneschi».
Per avere un’idea sul fenomeno pneumatici, due esempi. Il primo a Scisciano, dove la Ecopneus ha recuperato ben ottomila tonnellate di gomme abbandonate, in un’area dove gli incendi erano all’ordine del giorno. Poi a Calvi Risorta, nell’antico sito archeologico Cales sotto il ponte delle Monache. Proprio lì c’era un ammasso, a forma di collinetta, di pneumatici prelevati e portati via. Scarti che dovrebbero essere presi da aziende specializzate, pagate dai titolari di ditte e imprese. Raccontò l’allora prefetto-commissario (oggi capo della polizia), Alessandro Pansa: «Quando sono stati interrogati, alcuni gommisti hanno sempre riferito che, lasciati fuori dalle loro botteghe i pneumatici per smaltirli il giorno dopo, non li trovavano più. E non sapevano indicare chi li aveva presi».
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