In una terra, Bagnoli, periferia di Napoli, che ancora oggi porta evidenti le ferite della vicenda Eternit (540 vittime), in tanti, ieri, sono scoppiati a piangere ed hanno applaudito quando, in streaming, hanno ascoltato la sentenza del processo di appello.
Soprattutto quando hanno ascoltato la condanna a 18 anni di reclusione per disastro doloso l’imprenditore elvetico Stephan Schmidheiny, imputato a Torino nel processo Eternit. In primo grado era stato condannato a 16 anni: oggi è stato ritenuto responsabile di disastro anche per gli stabilimenti Eternit di Rubiera e di Bagnoli.
Superstiti e familiari dei morti ammazzati dell’Eternit di Bagnoli hanno seguito in diretta streaming, nel centro Arci di cavalleggeri Aosta, la pronuncia di Appello.
E così, quando hanno quando è stato pronunciato l’accoglimento del ricorso, presentato dai legali dello studio Di Celmo, per il riconoscimento anche per Bagnoli del reato e quindi delle responsabilità penali e civili di disastro doloso e omissione di cautele antifortunistiche, la commozione è venuta fuori.
In tutta la sua forza. Lo stesso pm Raffaele Guariniello, che ha coordinato l’accusa, si è detto “soddisfatto” del fatto che “sia stato ampliato il raggio delle responsabilità anche agli stabilimenti di Bagnoli e Rubiera, che in primo grado erano invece state escluse”. Una soddisfazione pienamente condivisa dai sindacati.
“La sentenza emessa dalla Corte di Appello di Torino sulla vicenda Eternit sancisce, una volta per tutte, le responsabilità di un disastro ambientale che per anni ha attraversato Bagnoli e che ora ci permette di guardare al futuro con la necessaria convinzione per concretizzare il piano di bonifica, quanto mai necessario in quel territorio”, ha detto il segretario generale della Cgil Campania, Franco Tavella, secondo il quale “è stata fatta giustizia per tutti quei lavoratori dello stabilimento di Bagnoli e per i loro familiari che hanno pagato a caro prezzo le conseguenze del disastro”.
“Nessun sentimento di vendetta ma una grande esigenza di giustizia – ha sottolineato il segretario generale della Fillea-Cgil Campania, Giovanni Sannino – ci ha accompagnato in tutti questi mesi.
Quella che appariva una discriminazione insopportabile è stata sanata. In nome delle 540 vittime dell’amianto killer, superstiti e familiari di chi non c’é più, che meritano il giusto e sacrosanto risarcimento materiale in nome di un territorio devastato e stuprato. In nome di un indispensabile piano di bonifica e di risanamento che quest’area merita. La sentenza di Appello restituisce dignità al dramma che si è consumato in questi anni”.
“Spetta adesso alle istituzioni, che hanno brillato per la loro assenza in questi mesi – conclude Tavella – saper interpretare le ansie e le aspettative di chi ha sofferto per colpa di avventurieri in cerca di facile profitto”.
Foto da Il Mattino