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Alluvioni, tangenti e violenze. Tutte le ferite del Sud
19 Ott 2014 09:01

Ogni tanto entro in un tunnel, il mio studio, escludendomi dal mondo (se non faccio così, non riesco a portare a termine i compiti che mi do); e quando ne esco, cerco di recuperare un po’ di arretrato.

Così, in pillole (prima di tornare nel bunker, per i prossimi tre giorni, e consegnare finalmente il testo definitivo del nuovo libro che uscirà a novembre):

1 – orribile la vicenda del ragazzo ucciso con un tubo ad aria compressa. Ne ho lette di tutti i colori. Ricordo episodi analoghi nello stabilimento siderurgico di Taranto, con attrezzi così, per la pulitura delle macchine, credo, da parte degli operai. È come giocare con una pistola carica: si può morire;

2 – altri arresti a Milano-Expo, incluso l’ex responsabile del “Padiglione Italia”: a volerla inventare una metafora così, si sarebbe stati accusati di eccesso di fantasia. Per favore, trovate subito qualcosa perché si parli con disgusto di Napoli, per pagine e pagine, giorni e giorni, se no qualcuno potrebbe accorgersi che su quel che accade nella “capitale immorale” d’Italia, ci si limita a “dare la notizia”, senza chiedersi se esista un “sistema Milano”, se c’entrino Comunione e Liberazione, la Lega, il Pd e quanti altri, da decenni, gestiscono tutto il potere, ogni appalto, ogni euro, restando estranei, si capisce, a ogni pastetta, inciucio, imbroglio. E quando non possono dirsi estranei, può accadere che una provvidenziale leggina li renda, se non tali, “redenti”. Fino al nuovo scandalo. Panettone gratis a chi segnalerà motociclisti senza casco a Napoli o un babà che non piace alla Gabanelli, pronta a inviare il massimo esperto mondiale di babà e sfogliatelle (un finlandese di origine birmana diplomatosi in babaologia in Mongolia) per denunciare lo spaccio improprio di zuccheri vesuviani;

3 – l’alluvione che cancellò mezza Giampilieri, nel Messinese, fu imputata alle vittime: colpa loro, era da prevedere (avessero chiesto prima a Gabrielli…), non si doveva costruire lì! Andate a rileggere cosa ebbero il coraggio di scrivere i giornali del Nord. Le vittime furono 37. Il governo non decretò nemmeno il giorno di lutto. Furono lasciati soli. Poi vennero le alluvioni di Genova, 3 morti, e quella in Toscana: e furono messe accise sul prezzo della benzina, per soccorrere i cittadini danneggiati, ma solo quelli del Nord. Tre anni dopo, Genova, dove si è costruito nel greto dei torrenti e persino a scavalco, è di nuovo massacrata, la gente ha case e negozi devastati, vite distrutte, famiglie rimaste senza niente («Non lasceremo soli i genovesi», annuncia il capo del governo, Renzi. Meno male, almeno loro). Mentre i soldi per risanare la città sono rimasti bloccati. Di chi la colpa? Della “burocrazia”. Sotto una certa latitudine, è delle vittime;

4 – la Protezione Civile a Genova non previde il disastro, e non solo a Genova. Quando queste cose accadono, nei Paesi civili, il capo del servizio che non ha funzionato si dimette e lascia il posto a uno meno incapace. Gabrielli resta lì, come se non c’entrasse nulla. Era il vice di Bertolaso e prefetto de L’Aquila, dove non si accorse di nulla: case antisismiche che cadono a pezzi e costate, a metroquadro, più del grandhotel; mentre i superstiti venivano quasi “imprigionati” nelle tendopoli, senza poter incontrare i giornalisti, potersi riunire in assemblea. E quando gli aquilani scesero in strada con le carriole, per fare quello che altri, cui spettava, non facevano, scattò la repressione. Poi, il Gabrielli ci spiegò che gli emiliani sì che avevano saputo reagire al terremoto! Prima se ne va, meglio è.


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