Il nostro è diventato un Paese mortificato, un Paese in cui faccio fatica a riconoscermi: un Paese la cui classe dirigente non vede, non sente ma straparla e quel che è peggio gozzoviglia e si arricchisce dal compendio del sudore altrui.
La società si sta frantumando, il Popolo sta morendo con celerità e non come recita la poesia di Pablo Neruda e di Martha Medeiros, “lentamente muore“. E intanto, disagi, precari disoccupati, suicidi, femminicidio e corruzione aumentano.
Aumenta il divario tra ricchi e poveri e stiamo permettendo ad una schiera, sempre più numerosa di pensionati, di morire lentamente, di morire di stenti ma soprattutto abbiamo scippato loro l’onore e la dignità di Uomini.
In alcuni di essi vedo i volti solcati da rughe che testimoniano un passato di duro lavoro: lavoro che di certo avranno svolto con estrema dignità. Ed ora vengono miseramente premiati con l’impossibilità di cibarsi.
Sono stato testimone oculare di un episodio che ha raggelato il mio sangue: avevo già visto di sfuggita qualcosa del genere ma questo mi ha colpito duramente. È stato un pugno tremendo sullo stomaco, tant’è che sono rimasto basito, offeso. Mi trovavo all’interno della mia auto e sostavo accanto ad un supermercato in attesa di essere raggiunto da mia figlia. Ad un tratto, una persona anziana in sella alla bici, mi sfiora per poi fermarsi nei pressi di un cassonetto dell’immondizia. L’uomo, molto anziano, deambulava a fatica, tanto che per scendere dalla bici impiega molto tempo. Si dirige nel cassonetto e sollevando il coperchio scruta al suo all’interno.
Io ero lì, non più lontano di tre metri. L’uomo ritorna sui suoi passi e avvicinandosi alla bici, sfodera una specie di spada di ferro con la punta ad uncino: era mimetizzata e posta in asse col telaio. Con l’attrezzo inizia a ravanare nel cassonetto, e ancor prima di sfoderare lo strumento, si era guardato attorno per verificare che nessuno l’avrebbe visto. Dopo aver messo qualcosa dentro un sacchetto di plastica con circospezione tenta di raggiungere altri due cassonetti.
Ma, all’improvviso sento una voce urlante che dice: “Adriano… hai già fatto la spesa?”, rivolgendosi al vecchietto.
Egli rispondeva di sì mostrando il sacchetto che teneva in mano, con all’interno la “spesa” della sua morte civile, del suo onore perduto della sua dignità sopraffatta dai bisogni di sopravvivenza. Il suo amico, vestito con raffinatezza, lo esortava ad approfittarsene dell’offerta del prosciutto crudo. Ci penserò! Ha risposto l’uomo del cassonetto, che colto dall’improvvisa presenza del suo amico, inforcava con palese disaggio la bici e si allontanava. Sono rimasto in auto per un’altra decina di minuti e non ho potuto fare a meno di riflettere su “Adriano”.
Non ho potuto fare a meno di maledire chi ha contribuito ai tanti Adriano di questo Paese a vivere nella miseria più totale. Non ho potuto fare a meno di accendere un monitor virtuale, dove far scorrere le immagini di ominicchi e quaquaraccchà che ancora oggi siedono nei Palazzi, noncuranti che il Popolo sta morendo con la stessa velocità della luce. Mi fate pena!
Lascia un commento