Si è incatenata da due giorni ai cancelli del tribunale di Bari, in piazza De Nicola, per protestare contro la giustizia lenta: Caterina Ritoli, 42 anni di Polignano a Mare (Bari), aspetta da oltre sette anni che si concluda la causa per l’accertamento dell’invalidità causatale da un incidente sul lavoro subito nel gennaio 2006.
Nel febbraio scorso, minacciando di suicidarsi lanciandosi dal quarto piano dello stesso palazzo, la donna ottenne la fissazione a breve dell’ultima udienza del processo di primo grado, che le ha riconosciuto un’invalidità dell’11 per cento.
All’epoca in servizio come ausiliaria nel reparto di cardiologia dell’ospedale di Monopoli, è rimasta schiacciata da un carrello di 10 quintali che le ha provocato trauma cranico, disidratazione del disco, l’invecchiamento della spina dorsale di 30 anni e una frattura al braccio, oltre ad aver tenuto il busto ingessato per mesi.
Finita la riabilitazione è tornata a lavoro, trasferita al poliambulatorio di Polignano, dove attualmente lavora. I tre mesi in terapia intensiva hanno costretto il marito, autista soccorritore, a lasciare il lavoro (è ancora disoccupato) per accudire i tre figli, oggi di 12, 15 e 20 anni. Per Caterina quell’11 per cento non è sufficiente.
Tramite il suo legale ha depositato appello ma le hanno fatto sapere che l’udienza non sarà fissata prima del 2015.
“Ci sono miliardi di padri e madri – ha detto Caterina – che come me hanno subito incidenti sul lavoro e aspettano da anni che gli venga riconosciuto quello che gli spetta. Questa non è giustizia”.
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